La calda estate della Vocazione
di Danilo Caravà
Le audizioni, la serata conclusiva, i premiati: cinque giorni di passione (teatrale) per oltre 200 giovani partecipanti alla quinta edizione milanese del Premio Hystrio
Arrivo troppo presto a una delle mattinate dedicate alla selezione, e trovo il teatro ancora vuoto. Mi sento un po’ come il regista di Dopo la prova di Bergman e ritrovo questo luogo di eretiche liturgie impregnato di energie spirituali, di emozioni simulate o vissute. Arriva il tecnico e ricado come un icaro metropolitano sulla terra, chiacchiero con lui, ci scambiamo informazioni su qualche gossipteatrale, quando finalmente attori e giurati fanno il loro ingresso nella sala. Hanno inizio, al Teatro Litta di Milano, le tre giornate della selezione finale (la pre-selezione si era svolta al Teatro Libero il 29 e 30 maggio) del Premio Hystrio alla Vocazione, quinta edizione milanese e ormai consolidato appuntamento del torrido giugno cittadino. La giuria si schiera su un lungo tavolo di fronte al palcoscenico, in quella parte che Wagner definisce golfo mistico. Dietro la loro “invalicabile linea Maginot” bisbigliano, si scambiano pareri, passano al vaglio dell’implacabile ratio cartesiana i candidati. Il presidente, Ugo Ronfani, pare il “bon paron” di goldoniana memoria, mentre Puggelli incarna l’archetipo del senexjunghiano, d’Elia guarda e scrive costruendo una partitura minuettistica di sguardi e scrittura, e Claudia Cannella si improvvisa in un ruolo mitologicamente mercuriale raccogliendo i dubbi e le domande dei ragazzi. Sul palcoscenico si alternano i partecipanti i quali cercano di colonizzare il nero implacabile della scena spoglia che ricorda quello dei quadri di Delacroix. A volte timidi, a volte guasconi, sempre comunque sinceramente impegnati ed emozionati, offronoresumé delle loro capacità attoriali, una carta d’identità interpretativa, e tirano fuori da corpi fragili profonde e regali voci baritonali, o ringhi e lamenti da Lupa verghiana. Sfilano Pentesilee, Lady Macbeth, Mercuzi, Amleti che devono ridurre all’essenzialità quasi epigrammatica del frammento la loro complessa e barocca autonomia dell’anima. Arriva la serata della premiazione presentata dal daimoncomico, provocatore, Roberto Recchia e dall’apollinea Claudia Cannella che ne contrappunta gli slanci aristofaneschi. Il primo a parlare è Ugo Ronfani, presidente di giuria e creatore di questo premio che ha visto i suoi natali tredici anni orsono a Montegrotto Terme. Snocciola le cifre e ricorda che questa edizione ha visto più di 200 partecipanti e due giurie differenti, una per il concorso e l’altra per i Premi Hystrio, assegnati dalla redazione dell’omonima rivista. Apre il chaier de doleance della giuria rilevando un deficit formativo da parte delle scuole di recitazione le quali non fornirebbero una completaWeltanschaung della pedagogia teatrale. La borsa di studio “Gianni Agus” di 1.550 euro (la stessa somma è stanziata per la categoria maschile e femminile) viene assegnata a Lino Musella che, proponendo un brano tratto dalla Cantata dei pastori di Raffaele Viviani, mostra il valore aggiunto della napoletanità, suonando attraverso la sua fregolistica vocalità diverse ottave e differenti accenti timbrici. Il premio alla Vocazione per la sezione femminile è invece assegnato ex aequo a Marta Bettuolo e Valentina Picello. La prima, sfatando il luogo comune che vuole che la gloria dei premi raramente si concili con l’affermazione professionale, non è presente perché impegnata a Berlino, mentre la seconda, Valentina Picello, si confronta con un brano di Orgia di Pier Paolo Pasolini e si offre nella sua fisicità essenziale, quasi scarnificata e incorporea, che richiama alla memoria i personaggi femminili di Schiele. Offre inoltre fonemi sofferti e arricchiti da cromatismi emotivi che la apparentano con attrici più agées. Per la sezione maschile il vincitore è Ugo Giacomazzi che si esibisce in un brano dell’opera La notte prima della foresta di Bernard-Marie Koltès arricchendo l’interpretazione con sfumature sicule, e con l’essenzilaità dell’acqua contenuta nel sacchetto di plastica (i quattro elementi della filosofia pre-socratica, tanto amati da Nekrosius, hanno colonizzato l’immaginario attoriale). Hanno avuto una segnalazione, inoltre, Ulisse Lendaro e Andrea Pierdicca.
L’Associazione “La Stravaganza” vince il Premio Hystrio-Provincia di Milano, consegnato dall’assessore alla Cultura Paola Iannace, per l’attività sul territorio dimostrando, attraverso il suo lavoro musicoterapico con persone affette da disagio psichico e psicofisico, di creare una liason non dangereuse, tra teatro e follia. Toni Servillo si aggiudica il Premio Hystrio alla regia dimostrando quanto la scuola partenopea continui ad essere elemento essenziale nel codice genetico del nostro teatro. Una emozionata Lucilla Morlacchi sale sul palcoscenico per ritirare il Premio Hystrio all’interpretazione e dimostra con la sua joie de vivre, con la sua spontaneità da enfant sauvage della Zazie di Queneau o dei ragazzi della cinematografia di Truffaut, che la passione del fare teatro può essere una fiamma in grado di alimentarsi con gli anni. Prossimamente porterà in scena per la regia di De Capitani La Monaca di Monza di Testori. Per la categoria “Altre muse” trionfa il teatro del Carretto di Lucca per il suo originale percorso artistico, in cui si fondono reale e immaginario, favola e mito, attori e pupazzi. Laura Curino vince il Premio Hystrio alla drammaturgia. Il suo lavoro di “storiografia industriale”, di fenomenologia dell’Olivetti, ha dato voce all’utopia di un “capitalismo dal volto umano”, al composito, fiero della sua araldica sabauda, e variegato “quarto stato” piemontese. Sempre Ronfani chiude la serata rammentando l’importanza del Premio Hystrio alla Vocazione come momento di confronto e di verifica per i giovani attori, e paragonando lo spirito dei partecipanti al Risveglio di primaveradi Wedekind (anche se la temperatura nella sala ha ricordato più i versi della canzone Odio l’estate). Il presidente della giuria ricorda, inoltre, l’importanza di superare le frontiere, le forme trascendentali a priori delle diverse scuole teatrali per arrivare ad una sorta di trattato di Schengen della didattica che veda cadere i particolarismi nonché gli sciovinismi delle diverse istituzioni. Rammenta infine l’importanza di riformare la legislazione sui teatri pubblici ed offre ai partecipanti l’esempio della Morlacchi, che con il suo impegno, la sua giovinezza come stato dell’anima, si candida ad essere una forza motrice del nostro teatro. Alla fine, come è ormai “tradizione” del Premio, festa per tutti con prodotti sardi de “La Dispensa” algherese di Giusy Floris e della cantina Giogantinu di Berchidda.