La cronaca 2017

Ventisette anni di vocazione

di Arianna Lomolino

 

Quest’anno è stato eduardianamente sabato, domenica e lunedì, dal 10 al 12 giugno, al Teatro Elfo Puccini, che ci ospita dal 2010. Il Premio Hystrio, fondato da Ugo Ronfani e rivolto, in un’ideale staffetta generazionale, alle nuove generazioni del teatro e ad artisti già affermati della scena italiana, è arrivato quest’anno alla sua ventisettesima edizione, e chi scrive può vantare di esserne coetaneo. Il percorso per arrivare alle tre giornate finali è iniziato per gli aspiranti attori e drammaturgia gennaio 2017, quando si sono aperte le iscrizioni (e proprio per la cronaca: nella redazione di via Olona 17 inizia un gran teatro). I numeri dei candidati crescono di anno in anno, 236 iscritti da tutta Italia per partecipare alle pre-selezioni del Premio Hystrio alla Vocazione, giocate fra il Teatro Argot di Roma e la Scuola Teatri Possibili di Milano. Le giornate dei provini sono… piene di sorprese, di salutare inventiva, non scevra a volte da un pizzico di vanità che non sempre paga. Fra le scelte poetico musicali, si tende decisamente al classico, eppure, come il teatro, neanche la musica è solo nostalgia e nel repertorio dei nostri giovani accanto ai musical e al pop melodico, torna Tenco, come un ritornello che ronza nelle pause caffè. Impossibile, poi, fare a meno di Shakespeare, o degli assoluti greci. Gettonati Koltès, Cechov, Ruccello, la figura di Frida Kahlo affascina, forse un po’ ingenuamente, diverse giovani aspiranti, e poi da Pinter indietro fino a Rostand, in un’altalena di registri, tempi e temi, che rivela comunque una complessiva curiosità drammaturgica. Tra chi predilige un approccio sobrio e il classico abbigliamento da training e chi si allestisce la sua piccola scena, i 236 candidati attraversano le preselezioni con piglio e determinazione.

Di tutti i candidati, 40 si confronteranno con la giuria della selezione finale, composta da registi e operatori da tutta Italia. Oltre agli hystrioni Claudia Cannella e Fabrizio Caleffi: Arturo Cirillo, Monica Conti, Mario Perrotta, Gilberto Santini, Walter Zambaldi, e, a fare gli onori di casa, Elio De Capitani. L’aria che tira, fin dalle preselezioni, è di salutare impegno e, in un crescendo di tensioni emozionate, i finalisti affronteranno l’ultima fase nelle sale dell’Elfo.

 

Chi è di scena

I numeri crescono positivamente anche per i candidati al Premio Scritture di Scena, alla sua settima edizione, rivolto ai drammaturghi under 35. Ben 112 copioni, di cui due segnalati,

Trittico delle Bestie di Niccolò Matcovich e AAA- Un altro Ione di Michele Ruol e, soprattutto, un indiscusso vincitore: Stabat Mater di Livia Ferracchiati, il cui debutto è previsto ad agosto alla Biennale di Venezia, un onesto e sfacciato scrutare la precarietà identitaria dei generi.

Ferracchiati colpisce per la forza magmatica, e la fermezza cruda della sua penna, imbevuta di sferzante sarcasmo. La lettura scenica, che chiude la prima giornata fra i corridoi dell’Elfo Puccini, ne mette a nudo la nervatura: la Sala Bausch accoglie una messinscena del testo ad hoc, per la regia di Elisabetta Carosio con la supervisione di Sabrina Sinatti. Un cast d’eccezione, tutto al femminile, troneggiato da Barbara Moselli, di singolare generosa bravura, accompagnata dall’assolo della madre, Ida Marinelli, e dalla spiccata femminilità di Sara Bertelà e Camilla Semino Favro.

Cambiano i toni con Una vita a matita, lo spettacolo ospite della seconda serata, già meritatamente sold out una settimana prima. La compagnia siciliana Quintoequilibrio propone uno spettacolo delicato, brioso, spumeggiante. L’ironica intesa fra i due attori-autori-registi travolge il pubblico. Le feste di compleanno sono troppo dispendiose, oltre che pericolose, bisogna provvedere, informare. Così, con tute bianche da tecnici, Quinzio Quiescenti e Lorenzo Covello si lasciano andare a una buffa illustrazione delle varie fasi della festa: dai pop corn alle trombette, dai palloncini agli invitati. La scena si tinge di malinconia in occasione delle foto di gruppo, le luci si attenuano, rimangono le candeline della torta a illuminare, quanto basta, la scena, sempre più raccolta intorno a una riflessione sul bisogno di semplicità.

 

La vocazione non è acqua

Torniamo ai protagonisti del lunedì, i 9 super finalisti del Premio alla Vocazione selezionati tra i 40 partecipanti arrivati in finale. Una curiosità pungente anima l’attesa, una sospensione venata di stupore, il foyer del teatro è ancora deserto, la canicola di Corso Buenos Aires qualcosa di lontano, e nel primo pomeriggio si hanno i fatidici risultati. Non tutti sanno non-vincere, perché qui nessuno perde davvero, ed è un peccato.

Ma eccoli i due vincitori: il romano Kabir Tavani, che fin dalle preselezioni rivela carisma e padronanza magnetica della scena. Convince con un monologo di Gigi Proietti, passando per l’Amleto, interpretando infine, con voce sporca, Il carrozzone di Renato Zero.

L’altra vincitrice è Dalila Cozzolino, frizzante cosentina, centra il bersaglio con la sarcastica comicità di Delitti Esemplari di Max Aub, armata del suo phon e calzando pantofole, rigorosamente abbinate. E fin qui tutto regolare, anzi, dopo due anni di assegnazioni tutte al femminile nel 2016 (Luisa Borini e Giulia Trippetta), e al maschile nel 2015 (Gabriele Paolocà e Valentino Mannias), si rinnova una premiazione mista.

Uno solo è però il segnalato del 2017 ed è Giuseppe Palasciano, talento maturo e versatile, stupisce la giuria con la sua versione della Parpaja topola di Dario Fo in dialetto pugliese, La farfalla zoccola, che durante la serata delle premiazioni raccoglie l’entusiasta consenso del pubblico, che però si perde l’occasione di sentirlo cantare. Altra novità dell’anno è l’ex aequo della Borsa di Studio per giovani attori Ugo Ronfani, assegnata al dinoccolato Federico Gariglio e alla minuta Francesca Fedeli: torinese il primo, si distingue per la maturità delle scelte drammaturgiche; napoletana la seconda, eclettica ed energica.

I 5 prescelti, distrutti ma entusiasti, hanno un pomeriggio per prepararsi, con l’aiuto di Monica Conti e di Arturo Cirillo, alla serata finale delle premiazioni, dove mostreranno al pubblico uno dei brani con cui si sono presentati alle audizioni. La sala Shakespeare è già tutta loro, incantevolmente silenziosa, nel buio, solo una luce a illuminare un palcoscenico insolitamente vuoto. Durante la serata i giovani vincitori occuperanno la scena: una prova adrenalinica, su un palco importante come quello intitolato al Bardo.

 

La festa finale

12 giugno, ore 20:30. La Sala Shakespeare è colma, febbricitante. Alla quiete animosa della giornata si sostituisce l’effervescente brusio degli invitati. Da dietro le quinte gli umori vibrano, si ride con la tensione di un debutto, è il clou della festa! Conduce Mario Perrotta affiancato da Lady Claudia Cannella. Dopo i ringraziamenti e i saluti istituzionali dell’assessore Filippo Del Corno, il primo artista a essere accolto sul palco è Roberto Herlitzka, Premio all’Interpretazione nell’anno del suo Minetti di Bernhard. La riconoscenza del pubblico è commovente, il lungo applauso della platea è un abbraccio. Tutti in piedi, per ringraziare un uomo di rara eleganza, un’eccellenza del teatro italiano, non indifferente al calore ricevuto. Dedica questo – ennesimo – Premio alla moglie Chiara, con parole montaliane.

È il momento di Emanuele Valenti e Marina Dammacco, in rappresentanza della compagnia emergente Punta Corsara, vincitrice del Premio Iceberg, per la consapevolezza cangiante del loro lavoro, dai paradossi di Hamlet travestie, all’allucinato realismo dello spettacolo La solitudine delle ombre.

Il Premio alla Regia va al coraggio concettuale e simbolico del teatro di Romeo Castellucci, gentleman dell’avanguardia del teatro italiano e fondatore della Socìetas Raffaello Sanzio, da più di vent’anni applaudita in tutto il mondo.

Il Premio altre Muse viene assegnato a Maria Spazzi, calorosamente sostenuta dalla vivace comunità dell’Atir, scenografa di Utoya e di 6Bianca – tra i tanti spettacoli realizzati sulle regie di Serena Sinigaglia – che ringrazia i genitori per averle insegnato «a esercitare spericolatamente l’immaginazione nel gioco del teatro».

Una raggiante Giuliana Musso riceve Il Premio alla Drammaturgia e, da attrice, non nega la sorpresa d’essere premiata per la sua scrittura; ringraziando con emozionata ironia cattura il pubblico, come sulla scena.

Al ballerino, coreografo regista Alessandro Sciarroni, alla sua disincantata coerenza artistica svincolata dai codici prestabiliti va il Premio Corpo a Corpo, dedicato ai “corpi” incontrati, come avuti in prestito, modellati nella ricerca continua del movimento.

È il momento del Premio Mariangela Melato, per il terzo anno ospite del nostro Premio Hystrio, assegnato dalla sorella Anna Melato a Oscar De Summa e a Federica Di Martino.

Infine, il momento dello spettacolo dell’anno votato online dal pubblico, e nessuno meglio di uno spettatore potrebbe leggere le motivazioni del Premio Twister, raccolte tra i commenti arrivati in redazione, quest’anno, più numerosi che mai. Un’assegnazione coloratissima che va senza esitazioni al Geppetto e Geppetto di Tindaro Granata, premiato per l’autentica freschezza della sua voce. Si chiude il Premio Hystrio 2017 in un movimentatissimo foyer, tra brindisi e chiacchiere. Non è mancata la fatica, ma è la festa del teatro, il teatro che vive di ottimismi e di tenace volontà, dell’entusiasmo di chi lo abita, in un mondo che va così così e in un’Italia che induce a lasciar perdere. Ma si resiste. Dalle platee, fra le quinte, nelle sale prova, la risposta – mettetevi comodi – è tutta da guardare. ★