Premio Hystrio 2013
i giorni del fuoco e della polvere
di Fabrizio Sebastian Caleffi
«Una signora, torcendosi addolorata le mani, diceva: – Io ho bisogno di avere un interesse nella vita, non di denaro. Cerco la passione, non il benessere. Ho bisogno di un marito che sia non un riccone, ma un talento, un regista, un Mejerchol’d», Daniel Ivanovic Juvacev, nato con questo nome a San Pietroburgo nel 1905, ivi morto nel 1942 con il nickname di Daniil Charms per mano di quanti avevano ribattezzato la città Leningrado, geniale autore neo-gogoliano.
Noi vets li chiamiamo i giorni del fuoco e della polvere. L’aria s’incendia d’afa e la polvere di palcoscenico è lava incandescente. Come: chi sono i vets? Sveglia, pivelli! I vets sono i veterans: i Veterani. I berretti verdi: semper fidelis. Alle pre-selezioni, alle selezioni, alle serate finali. L’oggi Colonnello dei Marines teatrali c’era già, ardito promosso sul campo, non proveniente da West Point né da altre Accademie, ai tempi di Montegrotto, sede del Premio Hystrio dal 1989 al 1996, epopea leggendaria ricordata dalla patriottica canzone omonima: «Montegrotto/tu sei la mia patria/sei la stella che addita il destino…» eccetera eccetera. E c’è anche ora, indomito, seppur temporaneamente monocolo per “ferite di guerra” (che altro è la vita?). Mentre all’Elfo Puccini cominciano dunque le selezioni (21-22-23 giugno) e l’atmosfera è, secondo tradizione, da bollino rosso, ecco com’è andata con le pre-selezioni. Tre le tappe: al romano Teatro Argot Studio, al milanese Teatro i e a Castiglioncello, ospiti di Armunia.
La parata degli irregolari
Con Ciro (official name: Al Paciro) in braccio, vet pet, che, in quanto cagnolino, di cani se ne intende, giudico, insieme ai colleghi, gli irregolari milanesi (leggi: gli aspiranti attori provenienti da percorsi formativi non istituzionali): camicie rosse o descamisados che si presentano al centro di arruolamento al Teatro i. Rispetto alle edizioni precedenti, sembrano più disarmati, o meno motivati, chissà. Corretti, garbati, ma un po’ “smonati”. Sarà l’effetto generale dell’anno di crisi? Mah. Insomma, niente drôle de guerre, come la chiamano i francesi. Eppure dalle difficoltà lo spettacolo, per reazione, dovrebbe ricavare, com’è sempre accaduto, energie potenziate. Oppure starà a noi trovare nuove formule d’incitamento, eccitamento, scouting e tutoring del talento. Comunque, il meccanismo d’ammissione scatta senza particolari difficoltà. E con minor passionalità rispetto alla sezione drammaturgia, di cui si parla in specifico più avanti. La giuria romana, dove convergono i candidati del centro-sud, rileva maggior vivacità nei partecipanti. Poi, tutti al mare/tutti al mare/a mostrare intenzioni chiare nella tappa di Castiglioncello, amena location dove i lavori del premio si concludono con un pubblico show che libera beneficamente l’istrionismo degli aspiranti istrioni 2013. Che, alle finali dell’Elfo Puccini, si misurano con i diplomati già patentati, giunti battaglieri in gran numero.
Né di venere né di marte… (sottotitolo)
…ci si sposa, si parte, si monologa… Il primo giorno, affollato, di selezioni si presenta impegnativo. Risuona, minaccioso, l’impronunciabile “Willy!”, poi si restringe claustrofobicamente la quarta parete all’annuncio dell’Alaska pinteriana, la goccia che fa traboccare il vasino dei debuttanti in generale. Poi appare una Frida Khalo di Palermo, seguita da una Patty Diphusa tarantin-bolognese che tonifica la giuria. Al fish lunch, ci chiediamo: è un segno dei tempi la crisi d’entusiasmo che ci pare di rilevare nei candidati in generale già riscontrata in pre-selezione? Né Venere stupisce né Marte aggredisce. Nel pomeriggio, ci ripigliamo, all’aperitivo inauguriamo la mostra fotografica dei finalisti del Premio Hystrio-Occhi di Scena e alle 9 pm la lettura scenica premia il vincitore del Premio Hystrio-Scritture di Scena, Lorenzo Garozzo. Il testo, definito «sperimentale alla berlinese» dal Presidente della giuria Antonio Latella, convince anche in pubblico. Merito anche del cast “stellare”: Marco Cacciola, Giovanni Franzoni, Tindaro Granata, Massimiliano Loizzi e Debora Zuin, guidati dalla mano esperta di Sabrina Sinatti. Ma vanno citati anche i due segnalati, Fabio Chiriatti, con il fassbinderiano I Saburchi, e Margarita Egorova, che, esordiente eccellente, conVisita alla mamma mette a disposizione della rappresentazione un meccanismo drammaturgico seducente.
Sabato: Dio alla lavagna (sottotitolo)
«C’è qualcuno che si chiama Dio? Dio alla lavagna»: citando a memoria La signorina Margherita di Roberto Athayde, brano proposto da una candidata, chiamiamo alla ribalta divi in pectore e divesse potenziali. Ciascuno secondo la propria “religione teatrale”, laica, pagana, panica o penitenziale che sia. E, come accade ormai puntualmente a questo perfettibile ma insuperabile contest, l’eterogeneità dei giudicanti condurrà comunque a scelte nette e condivise. L’approfondimento dell’eliminatoria alza le quotazioni dell’almodovariana Patty, alias Marta Pizzigallo. Una Jo Casta tradatese, la leoncina Chiara Leoncini ruggisce in maniera più convincente del turno precedente e la scelta di un monologo di Claire Dowie si dimostra felice. Proprio a proposito della scelta dei testi, e non solo, si soffermerà la progettazione della prossima edizione. La giuria oggi s’inquieta col Sergente Garcìa: Don Rodrigo argentino evidenzia fastidiosa inconsistenza nella coraggiosa lettura dei candidati. In serata, dopo il secondo aperitivo hystrionico che chiude l’incontro I festival in tempi di crisi: strategie di sopravvivenza (a parlarne Andrea Nanni/Inequilibio di Castiglioncello, Mara Serina per il torinese Teatro a Corte e Riccardo Carbutti per Castel dei Mondi di Andria), trionfo annunciato e confermato di Mastrella/Rezza con Pitecus che ammirai al debutto milanese più di vent’anni fa.
Domenica è sempre domenica
La fase decisionale del Premio Hystrio alla Vocazione non è particolarmente conflittuale: Marta trionfa e si conferma già Signora delle Scene davanti al pubblico della premiazione, il Giovin Signore Davide Paciolla conquista il primato maschile in maniera inequivocabile (a lui un consiglio fonetico personale, firmarsi Davide Maria Paciolla, col middle name suona più imponente e il non meno personale simbolico cadeux del conferimento di un ideale Premio Galeazzo Benti, in omaggio al conte Bentivoglio, stupendo carattere del cinema italiano nato a Firenze nell’agosto del 1923). Si aggiungono un segnalato, Antonio Gargiulo, e due segnalazioni femminili, Chiara Leoncini e Silvia D’Amico, diplomata alla Silvio D’Amico senza appartenere all’inclita tribù dei D’Amico, da Suso Cecchi a Masolino e Fedele, ma dalle scelte forse istintivamente ispirate al milieu, la Ginzburg e la Morante. La serata vien fuori particolarmente riuscita, con l’impeccabile conduzione di Mario Perrotta e della nostra elegantissima Claudia-Coco Chanel. A sorpresa, ci ha fatto visita la carissima Giulia Lazzarini. Per lei e per tutti, ideale standing ovation fatta dagli spettatori seduti. Lungo brivido di commozione alla proiezione del ritratto di Massimo Castri, Premio Hystrio alla regia alla memoria e al ricordo che ne traccia il leggendario Renato Borsoni. Festa grande con Valerio Mastrandrea comunicativo, Fausto Paravidino un po’ introverso, Flavia Mastrella e Antonio Rezza brillantissimi, i mitici Colla, gli entusiasti Comteatro, gli interessanti Anagoor, i raffinatissimi Zerogrammi.
Concludiamo, come abbiamo iniziato, nel segno propizio di Charms, il cui raccontoThe Old Woman, opportunamente adattato, riporta grandezza menottiana al Festival di Spoleto nella messa in scena di Bob Wilson che debutta il 12 luglio con la coppia William Defoe-Baryshnikov. Volendo, il grande teatro può continuare a essere teatro grande.